Un professore in pensione, che ha per molti anni diretto il: "Master of Science in Foresight" presso l'Università di Houston, Texas, tale Peter Bishop ha detto: "predire il futuro è molto difficile". Infatti non è soltanto difficile, è fondamentalmente impossibile per molte differenti ragioni. Allora perché molte persone lo fanno? Ci saranno differenti motivi ed uno di questi è che gli esseri umani preferiscono le certezze della consuetudine all'incertezza del futuro. Quindi perchè molti non apprezzano l'incertezza? Troppo spesso vogliamo una risposta definitiva a ogni domanda e desideriamo la soluzione migliore per ogni problema che si presenta. Questo è ciò che abbiamo appreso a scuola: si arriva ad alzare la mano quando si conosce la risposta e la risposta giusta ti porta ad avere un buon voto. La ricerca della risposta e l'individuazione della giusta soluzione quindi sono atteggiamenti indotti dagli sforzi fatti dai sistemi scolastici. Veniamo infatti forgiati in questo modo sin dal primo momento in cui entriamo in una classe, in cui chi alza più volte la mano viene classificato anche come più bravo. Non c'è quindi da stupirsi se le persone non preferiscono la "previsione", anche quando sono semplici e definitive. Le persone che scommettono sul futuro tuttavia non sono per cosi dire poche.
Quindi nel frattempo che la tecnologia fa passi da gigante e la natura sembra sempre più attratta dall'idea di essere tecnologica, una parte di esseri umani sembrano essersi fermati a guardare. La tecnologia influisce pesantemente nelle più complesse interazioni socio-economiche, politico-culturali e tecnico-scientifiche ed il livello di reciprocità che si genera nello strettissimo rapporto tra uomo e macchina tendono a generare un nuovo complesso di benefici e danni al tempo stesso. Da molte persone viene chiamata forza di distruzione creatrice. La dove una innovazione tecnologica, intesa come causa, produce dei risultati decodificabile come effetto. Tuttavia non sempre questo paradigma è la giusta soluzione per affrontare i nostri problemi quotidiani.
Iperconnessione, digital computing, intelligenza artificiale cognitiva, networking, pervasive computing, robotica ed automazione, miniaturizzazione, nanotecnologia (nanobot), alti livelli di integrazione tra sistemi e ambiente....... quanto in realtà producono per il singolo uomo della strada? Il fatto che la tecnologia abbia il nobile scopo di si sopperire ai deficit caratteristici o fisici degli esseri umani, di suo non è sbagliato, infatti se si pensa che molte innovazioni tecnologiche possono essere considerate il naturale prolungamento/espansione di capacità umane limitate allora tutto sembra essere più giusto. Se si guarda all'auto come potenziamento dell'andatura bipede e della corsa, se si considera il telefono cellulare un'ampliamento della nostra capacità di ascoltare ovunque e da più lontano di quanto sappiamo fare normalmente, se si riflette su quanto una protesi, ripristinando funzioni compromesse o definitivamente perdute, rigeneri una parte di popolazione afflitta ed emarginata, la tecnologia può essere considerata al servizio dell'uomo e quindi quel mezzo indispensabile per rimediare e surrogare sensi e carenze fisiche di cui abbiamo veramente bisogno.
Eppure recentemente vari sviluppi tecnologici, di vari campi della ricerca e delle scienze applicate alla tecnolgia hanno introdotto un nuovo tema, ampiamente dibattuto nella comunità scientifica e tutt'ora in discussione per alcuni aspetti di natura sociale generati dal suo impatto sul lavoro. Questo è il caso delle tecnologie assistive in campo sanitario che automatizzano determinate procedure terapeutiche. Molte sono le implicazioni, i benefici, le tecniche, le metodologie, le interferenze e/o le sovrapposizioni socio-economiche, tuttavia molti giganti del mondo tecnologico fanno dichiarazioni e proposte molto imbarazzanti. Tassare i sistemi di automazione che sottraggono posti di lavoro è giusto? Una porzione della comunità scientifica sostiene che chi sostituisce un lavoratore, che, presumibilmente, ha uno stipendio su cui paga le tasse, provoca una mancata fiscalità, che va recuperata tassando il sistema che automatizza una determinata procedura a tutt'oggi affidata ad un essere umano.
Quindi mi chiedo, alla luce di: 25 anni passati nel mondo delle tecnologie biomediche, all'interno di centri di ricerca scientifica in campo medico da me assistiti, tra università e centri privati, a seguito anche della mia nuova e più recente esperienza, fatta in questo campo, con una società italiana, dedita allo sviluppo di sistemi di automazione destinati al mercato della cura e dell'assistenza sanitaria cosa ne pensa realmente il pubblico, fatto di operatori specializzati e professionisti di vario genere. Ho messo su, in pochi mesi di attività una indagine su 100 strutture di operatori pubblici, privati e accreditati. Nonostante io abbia sacrificato un certo numero di risorse, sia in termini di tempo che di mezzi economici ed operativi, non ci sono stati risvolti che abbiano lasciato il segno. ecco perchè chiedo a voi tutti di scrivere un vostro commento serio ed appassionato che metta in luce la reale situazione, le effettive necessità, le vere e concrete proposte per mettere fine alla contingenza ed entrare in un vero modello di affari in cui la definizione di chiari piani di potenziamento tecnico e tecnologico, strutturale ed organizzativo, consentano davvero di effettuare quei cambiamenti che conducano al successo.
Lasciate i vostri commenti firmati nella casella oppure inoltrateli in via anonima con uno pseudonimo al mio indirizzo di posta elettronica: luca.mercogliano@gmail.com
Grazie.
Napoli, 10 ottobre 2017
Luca Mercogliano
Mobile: 3929285783
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